Water and Land

After doing a bit of research, I’ve not only found the name of a song that I’ve been looking for, but also, that it comes from this bit of poetry:

Avidamente allargo la mia mano: 
dammi dolore cibo cotidiano.


Desiderio delle tue mani chiare 
nella penombra della fiamma: 
sapevano di rovere e di rose; 
di morte . Antico inverno .


Dolore di cose che ignoro 
mi nasce: non basta una morte 
se ecco più volte mi pesa 
con l’ erba , sul cuore , una zolla.


E quel gettarmi alla terra , 
quel gridare alto il nome del silenzio , 
era dolcezza di sentirmi vivo.


Fatica d’ amore , tristezza , 
tu chiami una vita 
che dentro, profonda, ha nomi 
di cieli e giardini. 
E fosse mia carne 
che dono di male trasforma.


Mi trovi deserto, Signore, 
nel tuo giorno, 
serrato ad ogni luce . 
Di te privo spauro, 
perduta strada d’amore, 
e non m’è grazia 
nemmeno trepido cantarmi 
che fa secche mie voglie.


Se mi desti t’ascolto, 
e ogni pausa è cielo in cui mi perdo, 
serenità d’alberi a chiaro della notte .


Si china il giorno 
e colgo ombre dai cieli: 
che tristezza il mio cuore 
di carne!


S’udivano stagioni aeree passare, 
nudità di mattini, 
labili raggi urtarsi.


Tindari, mite ti so 
fra larghi colli pensile sull’acque 
dell’isole dolci del dio, 
oggi m’assali 
e ti chini in cuore. ( Vento a Tindari )


Ti rivedo. Parole 
avevi chiuse e rapide, 
che mettevano cuore 
nel peso di una vita 
che sapeva di circo.


Un po’ di sole , una raggera d’ angelo , 
e poi la nebbia ; e gli alberi, 
e noi fatti d’aria al mattino .

Acque e terre—Salvatore Quasimodo